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L'eredita' del Contino
di Alessandro Caroli


Il “Contino” di Martina Franca

Gli ambienti della Puglia negli anni trenta, fra ipocrisie e i segni del potere e della ricchezza, spesso conquistati con intrallazzi

A chi piacciono le atmosfere languide d’inizio secolo in cittadine di provincia della Puglia, ben si ritroverà nella lettura di questo bel libro, “ L’eredità del Contino “ di Alessandro Caroli, martinese, Fondatore del Festival della Valle d’Itria e a lungo dirigente della Rai-Tv e della Radiotelevisione Special Broadcasting Service in Australia.
Non è difficile intravedere nelle pagine di questo volume edito per i tipi di Schena degli ambienti della bianca città cara a S. Martino, nei quali si svolgono le vicende le vicende legate al personaggio principale, don Michele, detto appunto il Contino. Questi si ritrova ad essere così ricco esclusivamente in virtù dei suoi intrallazzi in materia di eredità, a scapito dei familiari. Ma paga il tutto con l’handicap derivanti dai suoi oltre due quintali di peso. Lungi dall’apparire una sorta di personaggio caricaturale, tranne rari accenni (il girotondo di scherno dei bambini, sul corso principale), don Michele si mostra personaggio di grande sensibilità che abbraccia ogni campo del sapere e dei quali fa ampia mostra nei colloqui con i suoi pari.
Il libro si dipana nei suoi personaggi come gli interni di una di quella vecchie case di cui sono ricche i centri storici pugliesi: una stanza dopo l’altra, in sequenza, quasi in sviluppo naturale. C’é Angelina , la florida locandiera che sceglie di dividere la sua solitudine con il “ Contino “, salvo di regolarizzare la sua posizione di fronte a Dio solo in punto di morte. Marcello è invece il nipote che don Michele e, soprattutto, donna Angelina, vorrebbero adottare come figlio per poi farlo divenire erede universale. Ma contro di lui tramano Clotilde e Carmelina, inquietanti ancelle di Angelina, passate poi al servizio del possidente, alle prese con pozioni e sortilegi pur di difendere le proprietà promesse in eredità. E di questi beni, alla fine, ne godranno, ma solo …per ventinove anni, per poi terminare la loro vita miseramente.
Tratteggiata finemente e con un malcelato spasso è la figura di don Peppino, prete-insegnante con l’estro della filosofia , le cui elucubrazioni sono sovente rimbeccate da Marcello il quale, inoltre è sempre pronto a schivare il cassino lanciatogli per rabbia.. E che divertimento il racconto delle concelebrazioni di don Peppino e don Paolo, dove l’uno quasi litiga con l’altro, incuranti della sacralità dell’evento.
Le pagine di questo volume offrono anche la possibilità di rivivere le bellezze tipiche collinari, con le antiche masserie e un maestoso “ Caffeaus “ ( non raro da quelle parti ) dove don Michele è solito invitare gli amici alla degustazione del suo impareggiabile caffé
Su tutto, poi, aleggia l’ombra della “Messaggera di Dio” che a tempo predeterminato, si abbassa sulla terra per portare anime al Giudizio. Ma questa non fa paura. Ecco come la descrive Angelina, sul letto di morte: “ A volte sento un freddo provenire da un pertugio che quasi mi gela…Tuttavia, devo essere sincera, quella prima sensazione di freddo calma tutte le mie pene e dolori, e voi sapete quanto sto soffrendo. Mi sento come liberata da una maglia di ferro che mi soffoca. Mi sento più leggera e allora sorrido a quella messaggera, lei che m’invita a braccia aperte…”

Angelo Diofano

 

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